Record per le temperature delle superfici marine

La temperatura media della superficie degli oceani ha raggiunto il massimo storico da quando sono iniziate le registrazioni satellitari. I più recenti dati del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) mostrano che la temperatura media sulla superficie delle acque marine è stata di 21,1°C ad inizio aprile, battendo il precedente record di 21°C del 2016. 

Il prolungato periodo di tre anni in cui le condizioni de La Niña hanno prevalso nelle aree del Pacifico tropicale, ha contribuito a ridurre le temperature e a smorzare l’effetto dell’aumento delle emissioni di gas serra. Ma, come già anticipato da ulteriori rilevamenti negli scorsi mesi, entro la fine del 2023 si verranno a stabilire condizioni di El Niño nel Pacifico tropicale, aumentando il rischio di eventi meteorologici estremi e incrementando ulteriormente le temperature globali. Sempre secondo i dati del NOAA, la seconda temperatura oceanica media più calda a livello globale ha coinciso con El Niño che si è verificato dal 2014 al 2016.

Le misurazioni mostrano il rapido accumulo di calore nelle parti superficiali dell’oceano, in particolare a partire dagli anni ’80, con una penetrazione fino a oltre 100 metri di profondità. Il riscaldamento delle acque degli oceani e dei mari creerà effetti a catena per l’atmosfera, che si riscalderà di conseguenza, aggiungendo energia al sistema atmosferico e portando ad un maggior numero di tempeste. 

Le attuali osservazioni mostrano già ondate di calore marino, da moderate a forti, in diverse regioni del globo tra cui l’Oceano Indiano meridionale, l’Atlantico meridionale, al largo dell’Africa nord-occidentale, intorno alla Nuova Zelanda, al largo dell’Australia nord-orientale e dell’America centrale occidentale. Numerosi studi hanno dimostrato che sono aumentate in frequenza e intensità man mano che gli oceani si sono riscaldati, una tendenza destinata a peggiorare con il riscaldamento globale causato dall’uomo.

Le ondate di caldo marino possono avere effetti devastanti sulla fauna marina e causare lo sbiancamento dei coralli sulle barriere coralline tropicali, nonché alterare radicalmente la rete alimentare, promuovendo la crescita delle alghe e riducendo i tipi di specie di cui gli esseri umani si nutrono. 

I dati del NOAA

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